Aldo Sinesio

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     Persino in un paese notoriamente ingrato e scarsamente sensibile alla cultura come l’Italia, la Horo Records ha acquisito in qualche modo uno status leggendario o poco meno. Non solo per la sua giustamente celebrata produzione musicale, ma anche per la persona cui essa risulta indissolubilmente legata. Siciliano cosmopolita mai dimentico delle proprie tradizioni, mente indagatrice e curiosa, Aldo Sinesio, creatore della Horo Records e quello che gli inglesi definirebbero un personaggio “larger than life”.

     Ma che pure in un mondo sempre più modaiolo, superficiale e televisivo ha saputo ritrarsi in una sobrietà il cui profilo estremamente basso lo ha fatto a lungo passare per una sorta di “desaparecido”. Pur non estraneo all’indagatrice ironia di un Robinson Crusoe con lo sguardo rivolto dentro di se Sinesio non è sparito, ma è tornato ai suoi luoghi d’origine, a quella Porto Empedocle in cui non casualmente è nato Luigi Pirandello.

      Regista e noto documentarista cinematografico, uomo di cultura dagli orizzonti mai ristretti, per anni esperto protagonista delle vicende discografiche della musica popolare italiana (avendo letteralmente “inventato” una serie di successi e interpreti ancora oggi indimenticati), Aldo Sinesio è passato alla storia di quella musica, il jazz, che oggi rappresenta uno fra i più grandi patrimoni culturali lasciati in eredità dal Novecento.

     Nel 1972, Sinesio, infatti crea la Horo Records, una fra le primissime “etichette discografiche indipendenti” a documentare alcuni fra i più grandi creatori del jazz, all’epoca musica negletta, soprattutto dai grandi potentati discografici, costantemente indifferenti alla cultura, soprattutto se poco propensa ai compromessi.

     Investire il proprio denaro sul jazz, sulla volontà di testimoniare l’arte poetica di uomini - contro, di personaggi duri, reietti, incompresi, spesso razzialmente perseguitati o segregati - immersi in una contemporaneità per molti spaventosa - in Italia, nel 1972, era un impresa apparentemente folle. Assenza di mercato, scarsissime possibilità di guadagno, scarno e quasi casuale il circuito concertistico, inesistente la rete di vendita: il jazz, in quegli anni, era l’appannaggio di pochi collezionisti, peraltro più interessati alla “classicità” del jazz che non all’irruenza ideologica dell’hard pop e del free jazz.

     Creare un’etichetta discografica con la volontà di testimoniare l’operato di un’avanguardia culturale era, dunque, il classico “labor of love”, un impresa d’amore, nonché l’espressione di un impegno senza compromessi, nella consapevolezza che l’unico profitto ricavabile consisteva in soddisfazioni personali. Ciononostante, Sinesio, oltre 40 anni fa, creava a Roma – nello scetticismo generale - la HORO Records, dal nome di un’antica, bellicosa e orgogliosa etnia africana.

     Forse inconsapevolmente, o forse no, spalancava una porta che, anche per moltissimi altri, non si sarebbe mai più chiusa. Quelle incisioni sono diventate introvabili e sono ora ricercate in tutto il mondo, non solo dai collezionisti di rarità, ma da tutti coloro che non vogliono perdersi alcuni momenti storici del jazz dei nostri tempi.

     I dischi della HORO testimoniano un anelito di libertà, il sogno di un mondo nuovo, un’ansia di liberazione dalle convenzioni: riascoltare oggi è farsi riportare ad un epoca che ancora oggi, con la sua arte, è in grado di costruire il nostro futuro. E la HORO Records ne è il messaggero più autentico e sincero.

Gianni Morelenbaum Gilberto